03
Set

I “seggiari” di Serrastretta

Abeti, ontani, pecci, pini, faggi e frassini  danno vita ai boschi della Sila cosi come li racconta lo storico greco; nella Calabria, che fu Magna Grecia, da sempre convive quella che solo apparentemente è una contraddizione, una regione con quasi 800 chilometri di coste (ne hanno di più solo le isole di Sicilia e Sardegna) che ha tuttavia 480 ettari di boschi e l’indice di boscosità più alto d’Italia.

Il rapporto con il legno, dunque, a queste latitudini è naturale, è storia antica, è anche rito e fede (Leggi qui). Gli alberi calabresi, e della Sila in particolare, sono da sempre apprezzati, per il loro valore ambientale ma anche per la sostanza, la forza, la resistenza; in pochi sanno ad esempio che in alcune tra le più stupefacenti Basiliche romane le travature provengono proprio dalla Calabria. A San Pietro un’iscrizione su un basamento ricorda come nel quattordicesimo secolo Papa Benedetto XII per rifare il tetto della Basilica fece arrivare a Roma dalla Sila travature lunghe ben 33 metri. Insomma, li dove c’era bisogno di sostenere l’imponenza che suscita stupore, il legno arrivava dalla nostra regione, fu cosi anche per la spettacolare Reggia di Caserta nel 1700. Il rapporto con gli alberi e con i loro possibili utilizzi è, dunque, storia antica, i tronchi e i rami che nascono e crescono sulle montagne calabresi hanno dato vita, da sempre, a comunità, esperienze di vita, sapienze artigiane.

Sedie Serrastretta (foto leggoscrivo.com)

Come è accaduto, ad esempio, a Serrastretta. Siamo in provincia di Catanzaro in un borgo fondato attorno al XIII dove la lavorazione del legno è un’eccellenza artigianale che ha portato alla creazione di una vera e propria scuola nella produzione di sedie. Basti pensare che già nel 1907 furono costituite due “Cooperative dei Sediari” con i maestri artigiani specializzati ciascuno in una determinata fase della filiera produttiva. I “seggiari”, cosi vengono definiti i maestri artigiani, costruiscono le sedie impagliate secondo un’antica tradizione e con uno stile che ha portato anche ad un vero e proprio elemento identificativo rappresentato dal numero 13, nel catalogo della Cooperativa dei Sediari era la sedia più conosciuta, subito dopo veniva la sedia “13 bis“ che aveva qualche variante ed è la sedia tradizionale di Serrastretta. Quanto alla tecnica va detto che il Faggio è il legno tradizionalmente più preferito, la sedia di Serrastretta è assemblata senza chiodi e senza colla con gli incastri a dare solidità, armonia e perfezione alle forme. I telai venivano dunque costruiti con estrema cura, la seduta invece era frutto dell’intreccio ottenuto con i fili di “vuda” una pianta che cresce in zone umide; di notevole valore le lavorazioni che ornavano la spalliera con disegni astratti, ma anche sacri e divini.
Oggi gli storici attrezzi dei Sediari sono visibili nel Museo della civiltà contadina, un allestimento che ripresenta in dettaglio ricostruzioni di ambienti domestici e lavorativi di contadini ed artigiani, le cui abitudini sono rimaste per secoli pressoché inalterate.